Fino a pochi decenni fa, si riteneva che l’origine di San Lazzaro di Savena fosse da collocare all'XI secolo, quando le fonti ricordano per la prima volta una località chiamata Ronco Maruni, luogo in cui, forse perché scarsamente popolato, verso la fine del XII secolo fu fondato il nuovo lebbrosario bolognese, al di fuori dalla cerchia muraria e a cui poi San Lazzaro deve il nome.
Le numerose scoperte archeologiche degli ultimi tempi hanno rivelato che l'area era in verità insediata fin da epoche precedenti. In epoca romana, in particolare, questo territorio rurale, posto fra i centri urbani di 'Bononia' e 'Claterna', era attraversato dalla via Emilia, un'arteria pulsante di traffici sin dall'antichità.
Grazie alla scoperta e all'esplorazione di un pozzo romano su via Caselle, distante in linea d’aria poche decine di metri dalla sede del municipio, è stato possibile confermare l’esistenza di un nucleo abitato sulla via Emilia, più o meno coincidente con il centro attuale. Nonostante la scomparsa delle tracce strutturali dell’insediamento cui il pozzo faceva capo, lo si è giustamente ritenuto un'ulteriore testimonianza di quella rete di insediamenti rurali, imperniata su piccole fattorie e ville rustiche che punteggiavano la pianura bolognese e di cui sono emerse numerose tracce in tempi recenti.
Abbiamo anche un'importante fonte a cui far riferimento: la 'Tabula Peutingeriana' (IV sec. d.C.), una vera e propria mappa stradale che raffigura tutte le terre riunite sotto il potere politico di Roma e segnala le distanze esatte fra i vari centri abitati e i principali punti di interesse e di sosta. Questa colloca, lungo la via Emilia, a sei miglia da 'Bononia' e a quattro da 'Claterna', nei pressi dell’attuale borgata di Idice, una stazione di posta dal nome di 'Isex flumen'. La località contrassegnava l’incrocio fra la via Emilia e un tracciato viario parallelo al fiume, corrispondente a una delle diramazioni della via Flaminia 'minor', in discesa dal crinale Idice-Sillaro. Confermano la sua esistenza sia i materiali romani di reimpiego nella ex chiesa di S. Giacomo, ora civile abitazione, sia il fatto che la sua funzione di stazione fu poi ereditata dal vicino e collegato ospizio per pellegrini, noto fin dall’XI secolo.
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