Cos’è un bifacciale? È un manufatto paleolitico caratteristico della cultura acheuleana (in Italia: 500.000-150.000 anni fa), ottenuto da elaborate tecniche di scheggiatura eseguite su entrambe le facce e lungo tutto il perimetro, tali da creare una forma simmetrica, talvolta appuntita, con una superficie di taglio ampia e continua e una base larga e ben impugnabile. Spesso la sua forma ricorda quella di una mandorla, prendendo così il nome di “amigdala” (dal latino amygdăla «mandorla», derivato dal greco ἀμυγδάλη).
Si tratta di uno strumento ben “progettato” e multifunzionale, adatto a una vasta gamma di funzioni, come cacciare, macellare le carcasse degli animali, tagliare e lavorare il legno, scavare il terreno con la punta… tante, come tante erano le attività legate alla sussistenza.
La comparsa dei bifacciali nell'area bolognese è anche legata all’impiego di una particolare materia prima, la ftanite, disponibile in ciottoli di grandi dimensioni lungo il greto dei fiumi. Non è quindi un caso che molti sono stati ritrovati proprio tra le ghiaie dei corsi d’acqua e per questo presentano i segni del logorio provocato dalla lunga permanenza nella corrente (fluitazione).
Questo particolare reperto, rinvenuto nel podere Camponi (in località Pizzocalvo del Comune di San Lazzaro di Savena), si distingue per le sue notevoli dimensioni, ben 24 cm di altezza e 11 di larghezza, e la sua eccezionale fattura, risultato di un lavoro di scheggiatura accurato e minuto, rifinito alla perfezione.
Potete consultare la scheda di reperto online sul Catalogo del Patrimonio Culturale dell'Emilia-Romagna dell'IBC