Nei territori extraurbani e nelle campagne l’approvvigionamento idrico era quasi esclusivamente affidato ai pozzi. Pressoché ogni edificio rurale o grande villa rustica era dotato del suo pozzo di servizio, come avveniva nel complesso di via Caselle e in altri edifici analoghi.

Il pozzo di via Caselle non rappresenta un caso isolato. Già sul finire degli anni Cinquanta Luigi Fantini scavò due pozzi romani nel greto dell’Idice, in località Borgatella, nei pressi della confluenza con il Savena. Anche dal riempimento di queste strutture provenivano recipienti di forma chiusa legati all’attingimento dell’acqua.

La presenza di mattoni puteali nei siti romani di Ca’ Rossa, Montebello e Roncadello di Sotto, da cui proviene anche una vera da pozzo, assicura che questi grandi complessi rustici ne erano dotati.

Un altro pozzo romano, di età repubblicana (I sec. a. C.), è stato intercettato durante la costruzione di un edificio residenziale in via Scuole del Farneto. Vasche pavimentate in esagonette, probabilmente adibite ad usi idrici o a lavorazioni che implicavano l’uso di acqua, sono state infine individuate in via Palazzetti e nell’invaso delle cave SAFRA in località Idice.

Fra i materiali collegabili all’adduzione e gestione dell’acqua si possono poi ricordare le condutture in terracotta per esterno dal sito di Ca’ Rossa, il tubo in terracotta per interno dalla villa di Roncadello, dove era attiva anche una stanza da bagno (ambiente con suspensurae). 

Dal sito di Villa Gardi/LUCMAR proviene inoltre un rubinetto “a maschio” (valvula) in lega metallica, ovvero un raccordo per la conduzione dell’acqua.

 Tre manufatti connessi con l'uso dell'acqua dal sito di Roncadello (vera da pozzo, conduttuttura, suspensurae per la stanza da bagno)