Segnalato nel 2006 in via Caselle, non lontano dall’incrocio con la via Emilia e profondo all'incirca 13 metri, il pozzo è stato messo in luce da un consistente sbancamento che ne aveva già asportata la parte superiore.
Faceva parte di un insediamento vicino alla via Emilia inserito nell’ager bononiensis che si estendeva a est fino al fiume Idice ed era stato diviso e assegnato ai coloni centro-italici subito dopo la fondazione della colonia di Bononia. Di tale insediamento non rimanevano più evidenze, ma le sue tracce erano ancora visibili a circa 80 cm al di sotto del piano di calpestio nella sezione prodotta dallo sbancamento.
II rivestimento del pozzo era di tipo polimaterico: mentre la parte inferiore utilizzava mattoni ad arco di cerchio quella superiore era realizzata con pietre, ciottoli e frammenti laterizi di reimpiego.
La comparazione con strutture analoghe autorizza a ipotizzare la costruzione del pozzo non prima del I sec. a.C., quando nel Bolognese inizia la realizzazione di strutture solide e l’uso di materiali durevoli nel tempo.
Il pozzo cade in disuso verso la fine del II sec. d.C. o agli inizi di quello successivo, come indicano i materiali provenienti dal riempimento sommitale formatosi durante il periodo di abbandono della struttura.
Relativamente a ulteriori possibili funzioni dell'insediamento, non andrà trascurato che proprio all’incrocio fra la consolare romana e l’odierna via Caselle, sorgeva almeno dal Cinquecento una «domus… ad usum caupone», ossia una struttura addetta alla ospitalità, più tardi divenuta Osteria del Sole con annessa macelleria. È possibile dunque che il complesso abbia svolto funzioni di accoglienza dei viaggiatori.
Per approfondire leggi: Paola Cossentino, Il pozzo di età romana ritrovato a San Lazzaro di Savena (Quaderni del Savena, numero 15, anno 2016)