Il tesoretto di Colunga fu portato casualmente alla luce nel 1883 nel podere Tortorella, alla destra idrografica del torrente Idice. Il ripostiglio, costituito da 15 monete d’oro che pare fossero avvolte in un tessunto logorato dalla lunga permanenza nel terreno, finì al centro di una vivace contesa fra il rinvenitore, il proprietario del fondo, l’affittuario e il principe Hercolani, che acquistò le monete per la propria collezione numismatica.
La singolarità del gruzzolo si deve alla presenza di una moneta di estrema rarità: un aures della Legione VI, battuto da Marco Antonio nella zecca mobile al suo seguito per pagare le truppe prima della battaglia di Azio (31 a.C.). Come tutte le monete legionarie reca al dritto l’immagine di una galea e una legenda che ricorda il trimvirato costituito da Antonio nel 43 a.C. insieme a Ottaviano e a Lepido per il riordino della repubblica. Al rovescio, ai lati dell’aquila legionaria sono raffigurate due insegne affiancate dalla legenda che ricorda appunto la legione VI Ferrata.
Oltre al pezzo legionario, erano riconoscibili una moneta emessa nel 37 a.C. dal magistrato Quinto Voconio Vitulo con l’immagine di Ottaviano triumviro e la raffigurazione di un vitello, allusivo al suo cognome, e un aureo del monetario di Augusto Gaio Sulpicio Platorino, battuto nel 13 a.C.
Il peculio viene datato al 13-12 a.C. ed è probabilmente appartenuto a un colono ex legionario domiciliato nell’agro bononiense, come testimoniano il legame di Bononia con la gens Antonia e la presenza di veterani di Antonio nel capoluogo bolognese. Sconosciuta è la sorte delle altre monete, ma l’aureus della Legione VI dopo una serie di passaggi è entrato nelle collezioni del British Museum di Londra.