Un terzo importante ritrovamento, effettuato in un fronte di cava a ridosso del fiume Idice (ex Cava Valfiore), si riferisce alla parte superiore di una stele funeraria del tipo a rettangolo sormontato da un disco, di chiara allusione antropomorfa, recante la figura di un guerriero a basso rilievo entro cornice a meandro (metà circa del VII sec. a.C.).
Le stele costituivano segnacoli del tutto eccezionali, presenti in pochissime tombe aristocratiche di Bologna e, ancor più raramente nel comprensorio, ove se ne contano in tutto sei. Essa era quindi stata destinata a perpetuare in eterno la memoria di un notabile locale, forse un affarista, la cui elevata condizione economica non è difficile correlare con i transiti commerciali attraverso la via di vallata.
Più ad oriente, in località Campana, il progressivo avanzare dei fronti di cava ha causato a più riprese, sin dagli anni Settanta, l’intercettazione, la manomissione e la dispersione di altre significative testimonianze. In tutto lo sviluppo del Villanoviano, la generale adesione al rituale della cremazione conosce scarse eccezioni.
Le inumazioni sono infatti abbastanza isolate e a causa della povertà dei corredi si tende solitamente ad attribuirle ad individui di ceto servile o comunque di rango inferiore. Ciò non esclude che presso alcuni gruppi familiari, forse anche di origine non locale, l'inumazione fosse praticata come eredità di costumanze e tradizioni culturali proprie, magari di antichissima data.
I relitti di inumazioni sconvolte di piena età villanoviana segnalati nell'invaso delle Cave SAFRA paiono circostanziare una di queste situazioni. In particolare, i bracciali in bronzo che una defunta sepolta sullo scorcio del VIII-primi anni del VII sec. a.C. recava ancora infilati negli arti superiori caratterizzano, in alcune necropoli bolognesi, ricche tombe femminili coeve.
Infine una sepoltura, ancora una volta femminile, da Cava Tomba Forella (ex Cave SAPABA) con l’ossuario e il corredo in cui sono presenti graziose suppellettili da mensa racchiuse in un grande contenitore fittile, ci riporta ai momenti finali del VII sec. (Villanoviano IV B2) quando la cultura villanoviana, ormai al suo ultimo apice, adotta questa peculiare modalità di protezione, costituita da un dolio sigillato all’imboccatura da una lastra di pietra, a fungere da custodia dell’intera tomba.
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